Dal Congresso nazionale dell'Acp un'indagine sui loro bisogni.  Montini: "Gli interventi di supporto centrati sul disabile quasi mai  rispondono ai bisogni della famiglia e non considerano quelli dei  fratelli. Servono fattori di protezione" 

 ROMA - Individuare i bisogni dei fratelli dei bambini disabili, che  spesso manifestano difficoltà relazionali e psicologiche: è l'obiettivo  dello studio che l'Acp (Associazione culturale pediatri) propone in  occasione del suo XXII Congresso nazionale,  in corso a Palermo dal 7 al  9 ottobre. L'appuntamento, incentrato quest'anno sul tema "Bambini...  in mente", dedica in questi giorni un'attenzione particolare alla  condizione dei cosiddetti "siblings", spesso condannati ad essere  dimenticati dal piani d'intervento e dalle persone e dalle istituzioni  che ruotano intorno alla famiglia. Un ruolo fondamentale riveste, in  questo contesto, il pediatra di famiglia.  
Secondo gli ultimi dati Istat, sono circa 2,6 milioni, in Italia, le  persone disabili con più di 6 anni che vivono in famiglia, cioè il 4,8%  della popolazione italiana. Si calcola che in un distretto di 100.000  abitanti ci siano circa 20 bambini in queste condizioni. Un pediatra di  famiglia con 800 assistiti ha 3-4 pazienti con malattia genetica e/o  disabilità congenita complessa.  
"Gli interventi di supporto, centrati sul disabile, quasi mai rispondono  ai bisogni della famiglia, e non considerano quelli dei fratelli",  spiega Tommaso Montini, rappresentante di Acp Campania e referente dello  studio. "Per un efficace sostegno - continua - è più che mai necessario  individuare ‘fattori di protezione' che siano mirati anche ai fratelli:  operatori che supportino la famiglia, che ne facilitino l'apertura ad  altre realtà sociali; interventi che permettano ai fratelli di creare  relazioni amicali con coetanei esterni (sport, scuola, ludoteche) e ai  genitori un operatore che accompagni il figlio con disabilità a scuola o  al centro di riabilitazione o che lo aiuti a lavarsi".  
Non è la prima volta che l'Acp affronta la questione: "Avevamo già  affrontato il tema dei  fratelli e delle sorelle di un bambino con  disabilità o colpito da una malattia cronica, che si sono definiti essi  stessi come gli ‘sconosciuti' dentro la storia della malattia o  dell'handicap", commenta Paolo Siani, Presidente dell'Acp nazionale.  "Già nel 2005 l'associazione aveva segnalato che  gli studi si sono in  gran parte dedicati all'impatto dell'handicap sul bambino colpito e sui  suoi genitori e il vissuto  della fratria è stato pressoché ignorato."  
La presenza di un fratello disabile rappresenta spesso una fonte di  grande disagio e sofferenza, non ché una responsabilità che condiziona  irrimediabilmente le dinamiche interne della famiglia. In questo  contesto, i fratelli sani vedono spesso trascurati i propri bisogni e  sono costretti a difficili adattamenti. " Per i bambini spiega  l'associazione - lo stress emotivo agisce come un ‘veleno'  nell'organizzazione neuronale, particolarmente nelle aree deputate al  controllo delle emozioni".  
Per questa ragione, l'Acp propone un'indagine trasversale su tutto il  territorio nazionale, che coinvolga famiglie, operatori, pediatri,  comunità e associazioni. Tra gli interventi che potrebbero essere messi  in atto, l'associazione evidenzia la necessità di "una ‘rete' che  impedisca alla famiglia di chiudersi in se stessa ", "supporti  logistici", "una buona azione di counselling" e uno snellimento della  burocrazia, che spesso "costringe le famiglie a faticosi percorsi per  ottenere elementari diritti".  
"In sintesi, è il ‘sistema' che deve andare incontro alla famiglia e non  viceversa, con un'azione di tipo tutoriale e multidisciplinare",  conclude Montini sottolineando che "l'imperativo è facilitare  l'accettazione della patologia e supportare un percorso sostenibile che  dia serenità al genitore e alla sua famiglia".  
(9 ottobre 2010)
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