domenica 10 ottobre 2010

I pediatri: attenzione ai bisogni dei fratelli delle persone disabili

Dal Congresso nazionale dell'Acp un'indagine sui loro bisogni. Montini: "Gli interventi di supporto centrati sul disabile quasi mai rispondono ai bisogni della famiglia e non considerano quelli dei fratelli. Servono fattori di protezione"
una famiglia ROMA - Individuare i bisogni dei fratelli dei bambini disabili, che spesso manifestano difficoltà relazionali e psicologiche: è l'obiettivo dello studio che l'Acp (Associazione culturale pediatri) propone in occasione del suo XXII Congresso nazionale,  in corso a Palermo dal 7 al 9 ottobre. L'appuntamento, incentrato quest'anno sul tema "Bambini... in mente", dedica in questi giorni un'attenzione particolare alla condizione dei cosiddetti "siblings", spesso condannati ad essere dimenticati dal piani d'intervento e dalle persone e dalle istituzioni che ruotano intorno alla famiglia. Un ruolo fondamentale riveste, in questo contesto, il pediatra di famiglia.
Secondo gli ultimi dati Istat, sono circa 2,6 milioni, in Italia, le persone disabili con più di 6 anni che vivono in famiglia, cioè il 4,8% della popolazione italiana. Si calcola che in un distretto di 100.000 abitanti ci siano circa 20 bambini in queste condizioni. Un pediatra di famiglia con 800 assistiti ha 3-4 pazienti con malattia genetica e/o disabilità congenita complessa.
"Gli interventi di supporto, centrati sul disabile, quasi mai rispondono ai bisogni della famiglia, e non considerano quelli dei fratelli", spiega Tommaso Montini, rappresentante di Acp Campania e referente dello studio. "Per un efficace sostegno - continua - è più che mai necessario individuare ‘fattori di protezione' che siano mirati anche ai fratelli: operatori che supportino la famiglia, che ne facilitino l'apertura ad altre realtà sociali; interventi che permettano ai fratelli di creare relazioni amicali con coetanei esterni (sport, scuola, ludoteche) e ai genitori un operatore che accompagni il figlio con disabilità a scuola o al centro di riabilitazione o che lo aiuti a lavarsi".
Non è la prima volta che l'Acp affronta la questione: "Avevamo già affrontato il tema dei  fratelli e delle sorelle di un bambino con disabilità o colpito da una malattia cronica, che si sono definiti essi stessi come gli ‘sconosciuti' dentro la storia della malattia o dell'handicap", commenta Paolo Siani, Presidente dell'Acp nazionale. "Già nel 2005 l'associazione aveva segnalato che  gli studi si sono in gran parte dedicati all'impatto dell'handicap sul bambino colpito e sui suoi genitori e il vissuto  della fratria è stato pressoché ignorato."
La presenza di un fratello disabile rappresenta spesso una fonte di grande disagio e sofferenza, non ché una responsabilità che condiziona irrimediabilmente le dinamiche interne della famiglia. In questo contesto, i fratelli sani vedono spesso trascurati i propri bisogni e sono costretti a difficili adattamenti. " Per i bambini spiega l'associazione - lo stress emotivo agisce come un ‘veleno' nell'organizzazione neuronale, particolarmente nelle aree deputate al controllo delle emozioni".
Per questa ragione, l'Acp propone un'indagine trasversale su tutto il territorio nazionale, che coinvolga famiglie, operatori, pediatri, comunità e associazioni. Tra gli interventi che potrebbero essere messi in atto, l'associazione evidenzia la necessità di "una ‘rete' che impedisca alla famiglia di chiudersi in se stessa ", "supporti logistici", "una buona azione di counselling" e uno snellimento della burocrazia, che spesso "costringe le famiglie a faticosi percorsi per ottenere elementari diritti".
"In sintesi, è il ‘sistema' che deve andare incontro alla famiglia e non viceversa, con un'azione di tipo tutoriale e multidisciplinare", conclude Montini sottolineando che "l'imperativo è facilitare l'accettazione della patologia e supportare un percorso sostenibile che dia serenità al genitore e alla sua famiglia".
(9 ottobre 2010)

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